Israele e Palestina
Il risveglio degli arabi Scoppia la prima guerra mondiale, l’impero ottomano
si schiera, ben presto, con la Germania. Gli Inglesi sono preoccupati e
intenzionati ad appoggiare le rivendicazioni degli Arabi contro i Turchi.. Agli
Inglesi importa che gli Arabi si ribellino contro i Turchi, impegnandone così
una parte delle forze. In cambio, promettono la formazione di uno stato arabo
indipendente, costituito da tutti i territori arabi che avevano fatto parte
dell’impero ottomano; gli arabi sconfiggono più volte i Turchi e arrivano fino a
Damasco. Ma l’epopea della rivolta araba si chiude con una grande delusione.
Mentre trattavano , gli Inglesi prendevano in segreto altri accordi e altri
impegni. Con i Francesi, s’impegnavano a lasciar loro il controllo di Siria e
Libano, conservando per sé gli altri territori, strategicamente importanti e
ricchi di petrolio, dell’impero ottomano. E ad alcuni esponenti ebraici
promettevano, sia pure in maniera ambigua, di permettere agli ebrei di
stabilirsi in Palestina. A guerra finita, il grande stato arabo restava un
sogno. Siria e Libano erano affidate ai Francesi, la Palestina agli Inglesi. Più
tardi, paesi arabi divennero indipendenti, ma restò sempre il ricordo della
delusione subita. La prima guerra mondiale ebbe conseguenze anche altrove.
L’impero ottomano, sconfitto, cessò di esistere e venne sostituito da una
repubblica che avviò la modernizzazione del paese: i suoi confini, ormai,
comprendevano solo l’attuale Turchia. Qualcosa di simile accadde in Persia, dove
nel 1921 un colpo di stato portò al potere un militare, Riza Khan, fondatore di
una nuova dinastia di scià (imperatori), quella dei Pahlavi. Il figlio di Riza
avrebbe poi regnato dal 1941 fino al 1979, data del suo rovesciamento ad opera
di un’insurrezione popolare. Per raggiungere l’indipendenza, gli stati del Nord
Africa dovettero invece attendere molto più tempo, benché già nel periodo fra le
due guerre mondiali ci fossero forti movimenti nazionalisti . L’Egitto divenne,
di nome, indipendente già nel l922 ma continuò di fatto ad essere una specie di
colonia inglese fino al 1952, quando un colpo di stato militare, capeggiato da
Nasser, depose un corrotto sovrano per instaurare, un anno dopo, una repubblica.
Tunisia e Marocco ottennero l’indipendenza nel 1956 (la Libia, dopo la sconfitta
degli italiani nella seconda guerra mondiale, l’aveva ottenuta nel’51).L’Algeria
la conquistò nel 1962. Breve storia degli ebrei Dopo la conquista di Gerusalemme
(70 d.c.), alcuni ebrei restano in Palestina, altri vanno a ingrossare le già
esistenti comunità della "diaspora" o a formarne di nuove, per lo più lungo la
costa mediterranea del Nord Africa ( ma anche in Europa). Quelli che vanno
nell’Europa cristiana conoscono ben presto le prime persecuzioni. Nei secoli del
Medioevo, i cristiani accusano gli ebrei di essere popolo "deicida"
(responsabile cioè dell’uccisione di Gesù), ma anche, di volta in volta, di
pratiche empie e sacrileghe ( omicidio rituale – infanticidio). In più casi, si
impone loro ,con la forza, il battesimo. Nei paesi dell’Europa cristiana, si
proibisce agli ebrei di possedere e coltivare la terra, e li si confina in un
unico ruolo economico: quello di banchieri o usurai ( più raramente di
mercanti). In questo, l’ebreo svolge una funzione assolutamente indispensabile
alla società ( il prestito a interesse, fino al xv secolo, è considerato un
peccato, e ai cristiani è vietato praticarlo). Ma, pur avendone bisogno, sia i
feudatari- grandi proprietari terrieri, sia i contadini servi disprezzano e
odiano l’ebreo, anche perché vedono in lui non un produttore di ricchezza, ma
uno speculatore e un intermediario, dedito a manovrare ricchezze altrui.
Periodicamente, specie in occasione di pestilenze o di carestie, quest’odio è
pronto a scatenarsi in aggressioni e massacri, identificando nello sventurato
ebreo il colpevole e il capro espiatorio di ogni male. La situazione degli ebrei
nel mondo arabo-islamico è ben diversa da quelle che li caratterizza nel mondo
cristiano. Si verificano anche qui, è vero di tanto in tanto, momenti di
tensione anche sanguinosa. Ma nell’insieme, le comunità ebraiche, pagando una
speciale imposta, sono rispettate e coperte dalla"protezione" dei califfi. Nel
1500 termina la storia felice del giudaismo spagnolo, quando, riconquistata dai
cristiani la penisola iberica, gli ebrei ( anche i marranos : ebrei convertiti )
vengono espulsi da tutto il paese. In Europa , solo in Inghilterra e nell’Italia
meridionale gli ebrei trovano condizioni abbastanza favorevoli. In Francia,
Germania, Italia del nord , trovano invece una situazione che è, per loro,
ulteriormente peggiorata rispetto la Medioevo. L’Europa, svegliatasi da una
secolare stagnazione economica, pone le basi del suo successivo sviluppo
capitalistico. Il prestito a interesse non porta più i cristiani all’inferno, e
le loro banche prosperano. Gli ebrei hanno perso il monopolio delle loro antiche
attività economiche e, con esso, l’ultima difesa nei confronti delle
persecuzioni. Sono costretti in più casi ad accettare il battesimo, sottoposti
ad ogni tipo di vessazioni. Poche comunità trovano il coraggio di rimanere,
chiuse nei ghetti in cui le autorità le confinano. I più emigrano verso l’Europa
orientale, raggiungendovi le comunità che già vi si trovavano in tempi più
antichi. In Polonia, in Lituania, in Ucraina, si forma e fiorisce per quattro
secoli la più grossa concentrazione di ebrei della storia, forte di milioni di
persone. Nell’ottocento, nove ebrei su dieci saranno Ashkenazi dell’Europa
dell’est. Nei villaggi dell’Europa orientale gli ebrei danno vita una cultura
originale,che esprime in una lingua(loYiddish) nata dall’incontro fra l’ebraico
e il tedesco (con in più alcuni elementi delle lingue slave). In Francia la
Rivoluzione francese e poi Napoleone hanno abolito i ghetti,hanno emancipato gli
ebrei e fatto di loro dei cittadini. Dopo qualche decennio , anche gli stati
tedeschi e italiani imitano la Francia. Molti ebrei accettano di essere
assimilati, cioè di diventare francesi, tedeschi,olandesi,inglesi o italiani
prima e più che ebrei conservano,chi più chi meno,il senso dell’appartenenza a
un’antica comunità e, a volte,una pratica religiosa.Ma soprattutto cittadini a
pieno titolo del paese che hanno scelto, integrandosi nella sua lingua,nei suoi
costumi e nella sua cultura. L’assimilazione, però, non è un processo che si
verifichi tranquillamente, senza opposizione e senza tensioni. Non è morto il
vecchio odio antiebraico degli ambienti più retrivi, e accanto ad esso sta
nascendo un antisemitismo "moderno", che pretende di fondarsi su assurdi
argomenti "scientifici". Di questo nuovo antisemitismo la Germania nazista sarà
poi il risultato più orrendo. Per ora escono libri e opuscoli che attribuiscono
agli ebrei le peggiori nefandezze, immaginari complotti per giungere a dominare
il mondo, ecc. Il sionismo . Da Sion (un modo di chiamare la città santa di
Gerusalemme), si chiamò sionismo un movimento, nato alla fine dell’ottocento,
che si proponeva di avviare il ritorno alla Palestina di quel popolo ebreo che
le vicende storiche di quasi due millenni avevano disperso per il mondo. Scopo
principale dei suoi fautori era quello di sottrarre alla precarietà, alla
miseria, alle persecuzioni le masse ebraiche, soprattutto quelle dell’Europa
orientale, realizzando l’antico sogno del ritorno a Gerusalemme. Si progettò
così il ritorno alla Palestina . Ma tra la fine del secolo scorso e l’inizio di
questo, gli ebrei che migrarono in Palestina furono poche migliaia, mentre
centinaia di migliaia andavano altrove. Del resto, come avrebbe potuto essere
diversamente? In Francia o in Germania, o nelle Americhe, si sapeva di poter
trovare ostilità, sì, ma anche società moderne ed evolute ,ricche di possibilità
di lavoro; in Palestina , stando alle stesse descrizioni bibliche, deserto e
assi o poco più. La Palestina , comunque, presentava dei vantaggi, che alla fine
ne determinarono la scelta. Il primo era la possibilità di usare il mito della
terra promessa. Un altro vantaggio era la possibilità di far leva sull’interesse
di alcuni uomini di governo europei a stabilire in una regione tanto importante
una specie di avamposto della civiltà europea. Anche in questo quadro vanno
viste, per esempio, le promesse che esponenti ebrei riuscirono ad ottenere dagli
inglesi, durante la prima guerra mondiale, circa la crescita dei loro
insediamenti in Palestina. La nascita d’Israele e la questione palestinese Le
prime famiglie che arrivarono in Palestina venivano dalla Russia. Il lavoro
doveva essere svolto in comune: nacque allora , per svilupparsi ampiamente in
seguito, l’idea di Kibbutz , una specie di aziende agricola collettiva .Nessuno
dei primi emigrati, invece, pensava di fondare uno stato. Gli arrivi, comunque,
erano scarsi . Aumentarono quando ricchi uomini d’affari ebrei, europei e
americani ,si consociarono per favorire l’emigrazione in Palestina, fornendo a
chi decidesse di andarvi i soldi del viaggio e i mezzi necessari per iniziare
una propria attività. Nel 1890gli ebrei di recente arrivo in Palestina erano
8000 ( circa 35000,un ottavo della popolazione, vi abitavano da tempo
immemorabile, in pacifica simbiosi con gli arabi);diventarono 85000 nel 1914 e
mezzo milione intorno al 1939 (oggi, nello Stato d’Israele, sono poco meno di 4
milioni). Una forte accelerazione di questo movimento migratorio si ebbe in
conseguenza delle feroci persecuzioni naziste: si ricordi che gli ebrei
sterminati dai nazisti furono 6 milioni, e che essere ebreo era per i nazisti
una ragione sufficiente per essere eliminato. All’inizio, l’immigrazione non
presentò particolari problemi: c’era spazio per tutti. Col tempo, però, e con
l’aumentare del numero degli ebrei immigrati, i problemi sorsero, e si
acutizzarono gravemente. Gli ebrei giungevano in un paese povero, abitato da una
popolazione dedita ancora a forme primitive di economia agricola e pastorale, e
portavano invece con sé mezzi finanziari.Era abbastanza naturale che i nuovi
venuti riuscissero,grazie a questo, a conseguire risultati economici tali da
modificare il precedente equilibrio della ragione. Molti degli ebrei orientali
che erano stati invogliati a dirigersi verso la palestina credevano che si
trattasse di una terra disabitata o quasi e furono turbati nell’accorgersi del
contrario. Quanto alle grandi potenze, sorrideva loro l’idea di un paese di
cultura occidentale, quasi un pezzo d’Europa trapiantato nel medio oriente,
capace di svolgere il ruolo d’una spina nel fianco di quel mondo arabo che il
petrolio rendeva sempre più ricco di preziose trattative. Così, i buoni rapporti
iniziali si ruppero poco per volta, e ebrei e arabi palestinesi presero a
combattersi. Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli inglesi
cercarono di raggiungere un accordo tra le due comunità; non riuscendovi,
rimisero la questione alle nazioni unite, che elaborarono un piano per la
spartizione del paese.i governi arabi lo rifiutarono .il14 maggio 1948 gli ebrei
proclamarono lo stato d’Israele, subito riconosciuto dai paesi europei, dagli
Stati Uniti e dall’Unione Sovietica (queste due potenze cominciavano allora a
sostituire la propria influenza a quella britannica e francese nel Medio
Oriente). Lo stesso giorno, i governi arabi entrarono in guerra contro il nuovo
stato. La guerra durò otto mesi, e si risolse a favore di Israele, che alla fine
controllava un territorio assai più esteso do quello posseduto e abitato da
ebrei prima del’48, sia di quello previsto dal piano dell’ONU. Alla firma
dell’armistizio, 600.000 palestinesi avendo dovuto rifugiarsi nei paesi vicini,
abbandonarono le loro case e le loro terre. Altre guerre Arabo-Israeliane si
ebbero nel 1956, nel ’67, nel ’73: nettamente favorevoli a Israele le prime due,
gli arabi (o, quanto meno, più equilibrata) la terza. Nel corso della guerra del
’67 Israele si impadronì di vasti territori, tolti alla Siria (le alture del
Golan), alla Giordania (la Cisgiordania) e l’Egitto (il Sinai e la cosiddetta <