Lavanderie e tintorie
La fullonica era una lavanderia con tintoria, dove si lavavano, si tingevano, si lavoravano e si stiravano le stoffe. Da un ampio ingresso si accedeva ad un atrio. Qui si trovava l’ impluvio, trasformato in vasca per il lavaggio dei tessuti. Gli ambienti erano coperti da un terrazzo su cui venivano stesi i panni lavati. Vi erano, poi, vasche comunicanti e bacini pestatoi, con operai che pestavano con i piedi le stoffe che si trovavano . Nella stessa area si trovava la cucina per gli schiavi ed un bagno. Il lavaggio avveniva in varie fasi: - Si pestavano i tessuti con acqua mista a soda o urina per smacchiarli. - Venivano ammorbiditi con argilla o terra, battuti con una pressa di legno, per ricondensarne la trama. -infine i tessuti venivano risciacquati in acqua .Nelle fulloniche si trovava sempre l’ immagine della civetta che simboleggiava Athena, protettrice dei lanaioli.
Gli antichi romani chiamavano “Metella”, “scaphium”e “lasanum”, il vaso da notte. Non tutte le case, infatti, erano fornite di servizi igienici, soprattutto quelle popolari, cioè le insulae. La legge e le buone maniere prevedevano che il contenuto dei vasi si gettasse in un contenitore , di solito collocato nei sottoscala degli edifici. È importante ricordare che l’urina veniva riadoperata nelle fulloniche, le tintorie dell’epoca e persino nell’ igiene quotidiana come per la pulizia dei denti, per il suo potere sbiancante!
L’ imperatore Vespasiano impose una tassa sull'uso dell'urina, che era stata per i tintori sempre a costo zero. A chi rimproverò Vespasiano di aver ottenuto profitti dall’urina, l’imperatore rispose : “Pecunia non olet” ossia “Il denaro non puzza”. Era proibito gettare dalla finestra l’urina del proprio “scaphium”.Tuttavia al calar della sera capitava che qualche maleducato approfittasse del buio per contravvenire alla legge. Il vaso da notte poteva essere d’argilla ma c’era anche chi lo possedeva d’oro e d’argento. I ricchi potevano permettersi di schioccare le dita ed avere immediatamente a loro capezzale un povero schiavo con lo “scaphium”.
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