LA CONDIZIONE FEMMINILE

 Nella Roma arcaica(antica),  il pater familias (con la sua patria potestà, col suo potere assoluto) era titolare dei propri beni, a differenza della donna, che, come i figli, non poteva possedere qualcosa di proprio. Nei primi secoli il capo indiscusso era l'uomo, con un potere di vita e di morte , padrone della casa e della famiglia, compresa anche l'intera servitù. Soltanto l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, percorrere la carriera politica). La donna ne era del tutto esclusa; anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un uomo che esercitasse su di lei la tutela: questi era il padre, poi il marito e, all'eventuale morte del marito, il parente maschio più prossimo.

Le condizioni della donna romana vengono spiegate con l'ignoranza della legge, l'inferiorità naturale), la leggerezza d'animo ecc. Inoltre la società maschilista romana non faceva molta differenza tra donne ignobili e donne rispettabili, come p.es. le matrone.  A differenza delle donne egiziane le romane non avevano diritto al nome proprio. Nel caso avesse un nome proprio, questo non doveva essere conosciuto se non dai più stretti familiari e non doveva mai essere pronunciato in pubblico. Alla nascita infatti venivano assegnati tre nomi al maschio: il praenomen (p.es. Marco; in tutto erano circa una ventina), il nomen (p.es. Tullio) e il cognomen (p.es. Cicerone); e uno solo alla femmina, quello della gens a cui apparteneva, usato al femminile. La donna veniva considerata non come individuo, ma come parte di un nucleo familiare. Si noti che a differenza di quella romana, la donna etrusca poteva essere identificata anche col nome della madre, poteva partecipare ai banchetti sdraiandosi sui letti con gli uomini (mentre a Roma le donne dovevano stare sedute), si occupava di affari pubblici, discutendo di politica (anche se non poteva votare né essere eletta), usciva di casa quando voleva, talvolta era libera di scegliersi lo sposo e in genere aveva una libertà che scandalizzava molto gli scrittori greci e romani.

IL LAVORO DELLE DONNE ROMANE

Premesso che lavorare per i romani non era considerato né un privilegio né un diritto, ma una pesante necessità di cui non essere fieri. Le donne svolgono prevalentemente lavori domestici. Nelle iscrizioni romane di Roma troviamo solo quattro donne medico, una segretaria, una stenografa e poi sarte, pettinatrici, levatrici, balie, pescivendole, erbivendole. Nella città di Ostia troviamo anche nutrici, tessitrici, lavandaie, massaggiatrici. Ci sono, poi,attrici, albergatrici, cameriere, danzatrici, proprietarie di taverne. Alla donna era affidata la prima educazione del bambino. Era la donna che formava i figli sul piano morale e comportamentale, affiancata, in questo, dai parenti, nonni e nonne, zie e zii. Scopo della sua vita era quello di diventare un'esperta amministratrice della casa. Infatti la stessa etimologia della parola "donna" ci avvicina ad una domus (casa) oppure ad una domina (padrona). In casa essa ha diritti non scritti ma reali sulla famiglia, sui figli, sulle dispense. Era lei che aveva tutte le chiavi e controllava ogni cosa: solo l'accesso alla cantina le era vietato. Il vino resterà proibito alle donne sino alla fine del periodo repubblicano. In casa essa si dedica al ricamo.

 

LE VESTALI

Sacerdotesse della antichissima dea Vesta , la dea del focolare domestico, le Vestali dovevano  tenere sempre acceso il fuoco, che secondo la leggenda era stato acceso per la prima volta da Romolo, come simbolo dell'eternità dell'Urbe.  Furono prima quattro, poi sei, infine sette. Venivano scelte dal Pontifex Maximus, suprema autorità religiosa di Roma, tra fanciulle dai sei ai dieci anni. Il loro servizio durava 30 anni. Come Vesta non dovevano sposarsi e per distinguersi dalle altre donne portavano una speciale acconciatura dei capelli e un velo bianco,  che veniva assicurato sul petto mediante una fibbia. Il pontefice massimo aveva il potere di condannare a morte e far seppellire viva la Vestale che avesse trasgredito al suo impegno, nei pressi di Porta Collina, in una fossa, dotata di un giaciglio, di una lanterna e di poco cibo. Chiusa la fossa, se ne pareggiava il terreno per far sparire ogni traccia delle colpevoli. Le Vestali non erano sottoposte alla patria potestas ed erano esonerate dalla tutela, se si esclude ovviamente quella trentennale dello stesso pontefice. Anzi le Vestali erano le sole donne romane che, fino all'età di Augusto (63 a.C. - 14 d.c., potessero esercitare i diritti civili, come quello di fare testamento, senza l'autorizzazione del tutore (ovviamente non potevano avere discendenza). Più tardi a questi privilegi poterono partecipare le donne romane con tre figli e le liberte con quattro. Le Vestali potevano avere il privilegio di graziare i condannati a morte.

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