Italo Svevo
(Trieste, 1861 – Treviso, 1928)
Di famiglia ebraica, Svevo manifesta il suo interesse per la filosofia tedesca (Nietzsche e Schopenhauer), per la psicoanalisi di Freud, per gli autori francesi ( Stendhal, Balzac , Maupassant, Zola), per il norvegese Ibsen e per i narratori russi (Gogol', Turgenev, Tolstoj, Dostoevskij e
Čechov). Svevo coltiva queste letture nel tempo libero che gli lascia il suo lavoro di impiegato in banca e su "L'indipendente", giornale triestino, compare a puntate la sua novella L'assassinio di via Belpoggio.La sua esperienza di impiegato gli ispira il romanzo Una vita (1892), il cui protagonista è Alfonso Nitti, incapace di adattarsi alle leggi e all'ambiente dell'ufficio, che viene sconfitto dalla sproporzione tra le velleità di cui si nutre (la pubblicazione di una grande opera, il successo in società) e la sua incapacità a realizzarle.
In Senilità (1898), il protagonista è Emilio Brentani, "senile" non sul piano anagrafico ma solo interiormente, un altro inetto , come il personaggio di Una vita. Emilio, un autore di scarso successo, che ha come modello l'amico Balli, un artista mediocre ma molto fortunato con le donne, vive con la sorella Amalia, una figura grigia, malinconica e "incolore" ; consapevole della mediocrità della propria vita, intreccia, a mo’ di riscatto, una relazione con la bella Angiolina, una donna esuberante ed emancipata, che poi lo abbandona per un altro amante. Con la fuga di Angiolina e la tragica morte della sorella Amalia, la vita di Emilio si chiude in se stessa, preda di quella senilità , forse anche saggia, ma che " vede grigio e sente grigio".
Nei primi anni del Novecento conosce e frequenta James Joyce , che apprezza soprattutto Senilità e lo stimola a scrivere un nuovo romanzo; proprio in questo periodo Svevo comincia a elaborare il suo capolavoro , La coscienza di Zeno, pubblicato nel 1923; il protagonista è Zeno Cosimi, una figura che si discosta da altri personaggi sveviani perché non risulta, ad un primo impatto , inetto e perdente , anzi è e continuerà a confermarsi " uomo di successo". Ma anche Zeno, come gli altri, è un individuo "malato", intossicato dal fumo, debole, suggestionabile ( inizia a soffrire di zoppia quando incontra un amico claudicante ); consapevole che il suo male, aldilà degli accidenti fisici, è soprattutto interiore e legato al fattore coscienza, subentra la volontà di sottoporsi ad una indagine psicoanalitica , in quanto l’analisi di sé ( la coscienza del proprio inconscio ) può essere la salvezza e quindi la speranza di uscire dall’accidia ( inerzia , pigrizia , indolenza ) , superando egoismi, passività e debolezze. E il romanzo, suddiviso in sei episodi, risulta una confessione "terapeutica" del protagonista, che poi si convince di non aver più bisogno dello psicanalista perché ha riacquistato la salute, "finalmente è libero", ed evita "sogni e ricordi ". Ma nel momento in cui la storia sembra concludersi per il meglio, "l’indagine" di Zeno approda a risultati inattesi , con la previsione di una catastrofe inaudita che travolgerà gli uomini insieme alle loro crudeltà e alle loro debolezze , in quanto il "male" non riguarda solo un determinato uomo di una determinata società, ma la vita in sé : "un uomo …….inventerà un esplosivo incomparabile…e un altro uomo ruberà tale esplosivo …….per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie ".
La coscienza, anche se scomoda, della propria condizione di uomini e la capacità di accettarla ,con pietà con ironia con umorismo – che è la consapevolezza dell’assurdo della vita- , sono l’unica salvezza dal naufragio esistenziale.
L’opera di Svevo, caratterizzata da un linguaggio poco scorrevole ma in grado di riprodurre il monologo interiore dei suoi eroi o antieroi, esprime la coscienza dell’angoscia contemporanea , di un’umanità "malata" e tuttavia incapace di coglierne le cause. Per questo essa si collega con le storie di altri grandi autori del primo Novecento, come Pirandello, Joyce, Musil e Kafka