Primo Levi
(Torino, 1919 - 1987)
SE QUESTO È UN UOMO
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno:
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli:
O vi si sfaccia la casa,
La malattia ve lo impedisca,
I vostri cari torcano il viso da voi.
Primo Levi / Se questo è un uomo / Opere Complete / Einaudi
Primo Levi, nato a Torino nel 1919, nel 1944 subì, in quanto ebreo, la deportazione e la prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz. Fu uno dei pochissimi superstiti , ma solo perché la scarsità della manodopera consigliò ai Tedeschi, come ricordava egli stesso, di "sospendere temporaneamente le uccisioni ". Dopo una intensa vita di studio e di lavoro come chimico e letterato, è morto suicida a Torino nel 1987.
Scritto nel 1946, e pubblicato nel 1947, "Se questo è un uomo" descrive la vita di Levi e dei suoi compagni di sofferenza, narrando i mesi trascorsi nel Lager. La drammatica testimonianza mette a nudo la crudeltà e la degradazione di un inferno che devasta l’essere umano nel fisico e nello spirito, annientandone la dignità e il rispetto di sé.
Si coglie inoltre una costante esigenza dell’autore di capire e di spiegare, a se stesso prima ancora che agli altri, i motivi di un fenomeno tanto perverso come l’antisemitismo, ma l’amara conclusione è che nulla può spiegare la tragedia dei campi di concentramento, e che forse "quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare".
Lo stile del racconto non è dettato da ambizioni letterarie, ma da una profonda necessità di chiarezza; per questo l’autore si mantiene costantemente su un registro contenuto, attento a non lasciarsi trascinare a toni patetici o retorici e a non cedere a particolari macabri.
Anche La tregua (1963) ripropone il tema della deportazione, ma il motivo dominante è il senso di gioia dei prigionieri liberati, più forte di ogni altro sentimento. L’autore si sofferma sugli episodi più divertenti e strani del viaggio di ritorno dal Lager, e il gusto di narrare e il piacere dell’avventura, nonostante lo sfondo di violenza e di devastazione, danno al racconto un ritmo mosso, e non manca un tocco di ironia. Negli stessi anni, Levi si dedica alla poesia e alla narrativa breve. Nel 1966 escono le "Storie naturali", quindici racconti , con cui vince il Premio Bagutta 1967, nei quali vengono ancora una volta denunciati gli orrori del nazismo. Al lavoro di chimico si ispirano Vizio di forma (1971) e Il sistema periodico (1975), una raccolta di ventuno racconti, un pretesto per rievocare episodi lieti o tristi della sua vita, e per ripercorrere le tappe della sua formazione di uomo, compiuta attraverso la forzata presa di coscienza della propria condizione di ebreo, la crescita dell’impegno razionale e dell’intransigenza morale, in difesa della tolleranza, del rispetto verso gli altri e della dignità umana.
Il principio di conservare integro l’uso del pensiero e della ragione, in nome del rispetto per gli altri e della dignità umana, anima anche l’ultima opera di Levi, "I sommersi e i salvati" (1986), che sembra presagire la tragica conclusione della sua vita. In esso l’autore sottolinea il dovere morale di non dimenticare le tragiche conseguenze dell’intolleranza e di combattere con decisione e senza viltà ogni forma di disprezzo nei confronti di chi è diverso da noi: il suo è il vero e proprio testamento ideale di un uomo sorretto per tutta la vita da una rigorosa coerenza.